Cos’è il "Tu bishvat": il capodanno degli alberi della tradizione ebraica
Tu Bishvat, il capodanno degli alberi della tradizione ebraica
10 Feb, 2020

Questo articolo in breve:

  • Il Tu bishvat nel calendario ebraico
  • Una festa allegra ed “ecologica”
  • Origine della festa del Tu bishvat
  • La festa di Tu bishvat attraverso i secoli
  • La simbologia del Tu bishvat
  • La celebrazione della natura

Il Tu bishvat nel calendario ebraico

Il Tu bishvat è una festa del calendario ebraico nota anche come “Capodanno degli alberi”. Shevat, nella lingua ebraica, è il nome di un mese corrispondente al nostro gennaio-febbraio e Tu bishvat indica semplicemente una data, ovvero il “15 di shevat. Quest’anno (2020) la festa cade il 10 febbraio del nostro calendario.

Il nome di “Capodanno degli alberi” ha una duplice origine: la ricorrenza fu anticamente istituita quando, in Israele, la vegetazione dava i primi segni di ripresa dopo il freddo invernale; tuttavia il “capodanno” non alludeva solo all’inizio di un nuovo ciclo della natura; infatti in quella data cominciava anche il nuovo anno fiscale.

Una festa allegra ed “ecologica”

Il Tu bishvat è una festa allegra e, potremmo dire, ecologica: in occasione del Capodanno degli alberi si mangia frutta, si insegna ai bambini il rispetto della natura e si piantano, appunto, degli alberi.

Piantare alberi è, nell’ebraismo, un atto così importante che, secondo il maestro Yohannan ben Zakkai (I secolo d.C.), se arrivasse il Messia nel mentre ... “prima finisci di piantare l’albero, poi va’ a magnificare il Messia”.

Origine della festa del Tu bishvat

Il 15 del mese di Shevat secondo la tradizione rabbinica spuntavano le prime gemme sugli alberi a Gerusalemme. Nell’antico Israele, che fondava il suo calendario e la sua economia sul ciclo della natura, questo era dunque un momento molto importante dell’anno, la prima timida promessa della primavera in arrivo.

Non si trattava però solo di questo; il 15 di shevat era l’inizio dell’antico anno fiscale. Perché? Perché le decime, cioè le parti del raccolto che i contadini versavano all’erario come tasse, erano calcolate proprio sui frutti delle piante; era dunque molto importante stabilire a quale anno fiscale appartenesse un frutto. Di conseguenza, ciò che spuntava dopo il 15 di shevat apparteneva al reddito dell’anno nuovo.

La festa di Tu bishvat attraverso i secoli

Anticamente il 15 di shevat era quindi una scadenza di carattere prettamente fiscale, non una festa vera e propria. Dobbiamo aspettare il XVI secolo per assistere al primo autentico rito festivo di Tu bishvat: in Galilea, i mistici della cittadina di Safed iniziarono a celebrare il Capodanno degli alberi mangiando quante più varietà possibili di frutta. Alcuni sostenevano che si dovessero mangiare almeno quindici frutti diversi; altri aumentavano il numero dei frutti, altri lo diminuivano; il numero d’obbligo era però sette, in riferimento alle sette primizie con cui era benedetta la terra d’Israele: fichi, olive, datteri, melograni, orzo, grano e uva.

Oggigiorno, la tavola di Tu bishvat è imbandita di frutta fresca e frutta secca, di manicaretti deliziosi e colorati, per un banchetto all’insegna della natura e della fantasia in cucina.

La simbologia del Tu bishvat

In quasi tutte le feste ebraiche il momento più significativo del rito domestico avviene attorno alla tavola imbandita. La gioia a tavola, infatti, è un precetto: significa celebrare con l’abbondanza le occasioni sacre dell’anno; e significa anche renderle speciali rispetto ai giorni profani, godendo di un pasto “festivo”. Ogni festa quindi ha i suoi piatti speciali e ogni famiglia ha la sua versione particolare di ogni piatto.

Ma c’è di più: ogni ingrediente possiede un senso riposto, spirituale, e mangiarlo significa introiettare, con esso, il senso profondo della festa.

Per questa ragione il pasto delle feste ebraiche si chiama seder che significa “ordine”, “posto”: ogni elemento della tavola ha il suo preciso posto nel senso generale della festa e i cibi hanno valore simbolico: sono consumati secondo un “ordine” specifico, perché vi sia, col pasto, anche una “spiritualizzazione” dell’esperienza.

Anche il seder del Capodanno degli alberi è simbolico; mangiare ritualmente frutta significa, innanzitutto, “riparare” l’atto di Adamo ed Eva che mangiarono il frutto proibito. Significa, in altre parole, fare un passo verso quel momento in cui l’umanità ritroverà la pace e l’integrità originarie, quello stato perfetto dell’essere che vi fu nell’Eden al principio della creazione.

Inoltre, la mistica ebraica vede nel pasto di Tu bishvat un percorso simbolico di evoluzione spirituale, dal proprio “guscio” verso la propria “polpa”, per cui si mangia in successione frutta con guscio, senza guscio ma con nocciolo, senza né l’uno né l’altro, e si accompagna ogni passaggio con i diversi colori del vino, dal bianco al rosé al rosso.

La celebrazione della natura

Al centro della festa di Tu bishvat c’è la natura e il suo legame con l’uomo. Da sempre l’ebraismo celebra la natura come un’opera divina, anzi, di più: come l’ambiente che Dio creò perché l’essere umano vi vivesse, con coscienza, gratitudine e rispetto. In effetti secondo la Bibbia il Signore creò il mondo e “vide che era cosa buona”.

Tale celebrazione rituale della natura è dunque un’idea antica, ma anche estremamente attuale, che ogni anno, il 15 del mese di shevat, si compie con gioia e consapevolezza.

Hag Sameach (“buona festa!”) a tutti

Categoria: