Ebraico, aramaico, fenicio ed arabo sono lingue che appartengono ad uno stesso gruppo linguistico chiamato semitico occidentale. Tutti questi idiomi hanno una caratteristica comune: nessuno è attestato prima del I millennio a.C. Proprio per questo la scoperta di Ugarit, avvenuta negli anni Venti del Novecento sulla costa siriana, assume un’importanza eccezionale: all’improvviso sono emersi oltre mille testi risalenti al XIV/XII sec. a.C., scritti in un’antichissima lingua semitica occidentale e portatori di informazioni fondamentali per la cultura e la religione dell’area. Le tavolette di Ugarit ci restituiscono infatti uno spaccato inedito delle divinità “cananee”, in un’epoca in cui non si era ancora imposta una figura decisamente dominante, come avverrà nell’area siro-palestinese nel I millennio a.C.
Questo articolo in breve:
La scoperta di Ugarit
Negli anni Venti del Novecento un agricoltore siriano scoprì per caso sul promontorio di Ras Šamra, vicino a Latakia (la Laodicea storica), i resti dell’antica città di Ugarit. I resti risalivano al XIV/XII sec. a.C., periodo di massimo splendore della città, che, abitata fin dal VII millennio a.C., fu distrutta verso il 1100 a.C. durante l’enorme sconvolgimento che interessò tutto il Mediterraneo orientale in quel periodo, noto come crisi del Tardo Bronzo.
La città di Ugarit e la sua cultura sono ancora relativamente poco note in Italia, benché si tratti, nell’ambito dell’archeologia del Vicino oriente antico, della scoperta più importante del XX secolo. La comparsa di Ugarit sulla scena dell’orientalistica novecentesca, infatti, è stata determinante per almeno due ragioni, una relativa alla linguistica e un’altra alla storia delle religioni.
La lingua semitica occidentale di più antica attestazione
I documenti emersi dagli scavi di Ugarit hanno permesso di conoscere una nuova lingua appartenente alla famiglia semitica. Non è una scoperta da poco, visto che l’ugaritico si è rivelato come la lingua semitica occidentale di più antica attestazione, con l’unica eccezione dell’amorreo, che tuttavia è noto solo attraverso i nomi propri.
Fino alla scoperta di Ugarit le lingue semitiche occidentali conosciute – l’ebraico, il fenicio, l’aramaico, l’arabo, per citarne alcune – erano attestate dal I millennio a.C., mentre del III e del II millennio a.C. si avevano solo testi in assiro-babilonese (o accadico), lingua che appartiene al ramo delle lingue semitico-orientali. Con l’ugaritico, attestato fra XIII e XII secolo a.C., si era dunque entrati in contatto con una lingua semitico-occidentale che sarebbe stata determinante per una più piena comprensione delle lingue semitiche e della loro evoluzione.
Uno dei più antichi alfabeti noti
L‘ugaritico è di estremo interesse anche per il sistema di scrittura che utilizza: si tratta infatti di uno dei più antichi alfabeti a noi giunti e ha la particolarità di utilizzare caratteri che richiamano i cunei del sistema di scrittura assiro-babilonese. La sua decifrazione avvenne con estrema rapidità, grazie agli sforzi congiunti di tre studiosi, Charles Virolleaud, Édouard Dhorme e, soprattutto, Hans Bauer.
La scoperta della prima tavoletta, nel maggio del 1929, fu salutata con emozione e nel decennio successivo si costituì gran parte del corpus ugaritico, che ammonta ormai a più di 1500 tavolette.
Le divinità “cananee”
La seconda ragione dell’importanza di Ugarit è, ancora una volta, legata ai suoi testi, poiché alcuni di essi ci trasmettono l’unica mitologia semitica-occidentale giuntaci attraverso fonti dirette.
Prima della sua scoperta, conoscevamo importanti divinità “cananee” (il termine, coniato sulla base della Bibbia, si riferisce alle popolazioni che vivevano nella Siria-Palestina costiera e alle loro culture) solo dai riferimenti presenti nella Bibbia, il più delle volte critici e di parte, oppure da qualche iscrizione fenicia, che magari menzionava la divinità e qualche caratteristica del suo culto, ma poco più.
Una mitologia salvata dalle tavolette
L’abitudine, da parte dei Fenici e degli Aramei, di scrivere soprattutto su papiro, ha fatto sì che l’intera mitologia fenicia ed aramaica sia andata per noi perduta, poiché il papiro si conserva bene solo in terreni molto secchi, come quello egiziano. A Ugarit, invece, si scriveva su tavolette d’argilla, una modalità ereditata dalla Mesopotamia, e l’argilla cotta è quasi indistruttibile: paradossalmente, l’incendio che distrusse la città favorì la conservazione delle tavolette, perpetuando la memoria di una cultura che sarebbe altrimenti andata perduta. Questo ha fatto sì che fossero preservati alcuni testi che ci fanno conoscere da vicino divinità che si trovano menzionate nei testi più tardi, nelle iscrizioni fenicie e nella Bibbia, quali El, Baal, Astarte, Athirat (Ashera nella Bibbia), Anat.
Il dio biblico e la religione “cananea”
Attraverso i testi ugaritici si è anche compreso come il panorama religioso di Israele e Giuda all’inizio del I millennio a.C. fosse intimamente legato alla religione “cananea” e ne facesse parte, pur con spunti originali. Il dio biblico, infatti, ha mutuato molti aspetti sia da El sia, soprattutto, da Baal, mentre sembra ormai chiaro dalle iscrizioni di Kuntillet Ağrud e di Khirbet el-Kom (Israele) che egli avesse ancora, all’inizio del I millennio, una consorte, Ashera.
Il pantheon ugaritico
Ma come si presentano le divinità ugaritiche? Innanzi tutto, è bene precisare che si tratta di un tipico pantheon del II millennio a.C., pieno di divinità diverse, nessuna delle quali decisamente dominante. Questa situazione si evolverà nel I millennio, in cui invece tutte le popolazioni della zona tenderanno a sviluppare un pantheon con un numero ridotto di divinità e un’unica divinità prevalente, un processo che sfocerà in alcuni casi, pur in tempi lunghi, nel monoteismo.
Due divinità spiccano nel pantheon ugaritico. La prima è El, anziano dio benevolo, saggio e autorevole, tutore dell’ordine e creatore dell’universo, che tuttavia non è in grado di controllare senza la forza dirompente della seconda divinità, il giovane Baal, dio guerriero e dio della tempesta, cui viene affidata, al termine di lotte estenuanti, la sovranità sulla Terra.
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