Questo articolo in breve:
- Antiche favole allegoriche con animali
- Tradizione orientale di simili racconti
- Figura semi-leggendaria di Esopo
- Morale amara e anti-moderna di molte favole
- Favole più vicine alla sensibilità moderna
- Gli “haters” e la favola de “Il capretto che stava in casa e il lupo”
La cultura popolare greca tramandò per secoli, oralmente, delle favole in cui i protagonisti erano gli animali. Ognuno di essi rappresentava uno stereotipo di carattere: la volpe era sempre astuta, il lupo ingordo, il leone forte. Tali semplici racconti servivano per costruire delle morali di pronto utilizzo, in cui, attraverso la natura e le allegorie, si descrivevano le vicende umane.
Questo genere di racconti erano diffusi in quasi tutte le civiltà antiche. Probabilmente i Greci derivarono buona parte della loro tradizione dal Vicino Oriente, da cui provengono diverse testimonianze su testi cuneiformi. Tuttavia nell'antica Grecia, come era abitudine, fu identificato un creatore, un uomo che avrebbe inventato l’insieme di quelle favole. Questo autore era Esopo, citato per la prima volta nel V secolo a.C. dallo storico Erodoto.
Esopo era dunque una figura semi-leggendaria, per molti versi accostabile a quella di Omero: anche lui infatti rappresentava la congiunzione tra il mondo dell’oralità (racconti tramandati a voce per secoli) e la cultura scritta (selezione delle favole e creazione di un testo più o meno stabile).
Amarezza delle favole esopiche
Esopo, secondo quanto trasmesso dalle fonti, sarebbe stato uno schiavo vissuto nel VI secolo a.C. Per Erodoto sarebbe vissuto nell’isola di Samo. La sua condizione servile non è casuale: le favole a lui attribuite sono l’espressione di un pensiero disincantato, provato dalla durezza della vita.
Leggendo i titoli dei racconti esopici (“La volpe e l’uva”, “Il tonno e il delfino”, “Il cane addormentato e il lupo”, ecc.) si potrebbe avere l’idea di un mondo incantato, fatto di fiabe per bambini. Ed in effetti la semplicità della lingua e dello stile fecero sì che le favole venissero usate ampiamente nelle scuole, per insegnare a leggere e a scrivere. Del resto anche nei nostri corsi di greco antico per principianti ne facciamo spesso uso!
Tuttavia non bisogna lasciarsi ingannare: se proverete a sfogliare la raccolta esopica e a leggere qualche favola proverete un senso di frustrazione. La struttura dei racconti è spesso la stessa: un conflitto tra due parti che si risolve con la vittoria non di chi è più giusto, ma di chi è più forte. La sopraffazione e la violenza sono una costante. I protagonisti riescono talvolta a salvarsi solo grazie all'astuzia, con cui anche il più debole può sperare di cavarsela. Ma la maggior parte delle volte la favola si limita a registrare la sconfitta del subalterno, con una mesta sentenza alla fine: non bisogna cercare di ribellarsi o di cambiare il corso della natura, pena la sconfitta o la morte.
La volpe e il serpente
Ecco un semplice esempio della morale del “meglio rimanere al proprio posto”:
Una volpe vide un serpente addormentato: piena di invidia per la lunghezza del suo corpo, si coricò accanto a lui con l’intento di eguagliarlo e cercò di tendersi, finché, per la violenza eccessiva degli sforzi, senza neanche rendersene conto, si squartò.
Questo tocca a quanti si mettono in competizione con chi è loro superiore: soccombono prima di riuscire a emularlo.
(Esopo, Favole, 33, trad. C. Benedetti, Mondadori)
Συκέα παρ' ὁδὸν ἦν. Ἀλώπηξ δὲ θεασαμένη δράκοντα κοιμώμενον ἐζήλωσεν αὐτοῦ τὸ μῆκος· βουλομένη δὲ αὐτῷ ἐξισωθῆναι παραναπεσοῦσα ἐπειρᾶτο ἑαυτὴν ἐκτείνειν, μέχρις οὗ ὑπερβιαζομένη ἔλαβε ῥαγεῖσα. Τοῦτο πάσχουσιν οἱ τοῖς κρείττουσιν ἀνθαμιλλώμενοι· θᾶττον γὰρ αὐτοὶ διαῤῥήγνυνται ἢ ἐκείνων ἐφικέσθαι δύνανται.
Per noi moderni questa rassegnazione è fastidiosa. Ogni persona che lo desideri, ha il diritto ad aspirare a una vita migliore! Ma evidentemente lo schiavo Esopo - e la cultura dei ceti subalterni di cui era portavoce -, aveva un approccio alla vita molto diverso. Studiare la letteratura greca significa anche questo: prendere coscienza di sé attraverso le differenze con il mondo antico.
Esopo e gli haters dei social network
A questo punto abbiamo messo a fuoco quali differenze dividano la morale esopica dal nostro sentire moderno. Ora possiamo fare l’inverso, ovvero trovare delle analogie col mondo attuale. Non si tratta di incoerenza. Come abbiamo detto gli animali allegorici di Esopo descrivono il vivere degli uomini. Ora, dal momento che la vita dei poveri non doveva essere semplice, è naturale che moltissimi racconti si concentrino sui rapporti di potere e sul disincanto. Tuttavia l’esistenza era ed è fatta anche di altro: relazioni tra individui di pari rango, interventi imprevedibili della sorte, caratteri psicologi peculiari di ciascuno.
Le favole incentrate su questi temi sono quelle che riescono a comunicarci un’emozione immediata. In esse rivediamo dipinto, attraverso immagini vivide, qualcosa che ci è familiare. La vicinanza può essere tale da creare un collegamento tra il mondo campestre di duemilacinquecento anni fa e la cultura digitale dei nostri giorni. Sembra paradossale, ma leggendo il racconto de “Il capretto che stava in casa e il lupo”, salta subito in mente la figura dello “hater”.
Questo termine inglese di fresca importazione è un prodotto di Facebook, Twitter, Youtube e altri social network. La rete ha fatto emergere un risentimento violento, sputato fuori da parte di persone che, nella vita di tutti i giorni, appaiono educate e tranquille. Se infatti la gente comune si comportasse per strada come gli “odiaotri” di Facebook, bisognerebbe uscire di casa armati e pronti a difendersi. Senonché questa arroganza è condizionata alla protezione offerta da uno schermo e da una tastiera. In questo vile atteggiamento c’è qualcosa di primordiale: se il pericolo è percepito come lontano e si è sicuri in casa propria, si può dare libero sfogo alle pulsioni più aggressive. E allora, visto che parliamo di regressione allo stato animale, quale migliore immagine di una favola di Esopo?